Tutti conoscono Royal Ascot, ma una delle più prestigiose corse di galoppo della Gran Bretagna si tiene il primo fine settimana di Giugno ad Epsom, nella contea di Surrey a poco più di mezz’ora di treno da Londra. Qui, dal 1779 si corre il Derby, la famosa corsa di galoppo che prende il nome da Edward Smith Stanley, XII Conte di Derby. In passato si correva di Mercoledì o di Giovedì e la folla accorreva da Londra e dintorni per assistere alle corse dei cavalli. Il Derby era così popolare che tra la fine del XIX e l’inizio del XX il parlamento britannico aveva persino deciso di aggiornare le sedute in quei giorni per permettere ai suoi membri di partecipare all’evento!
Ma la passione del popolo britannico per le corse dei cavalli è di lunga data, importata pare dai soldati romani di stanza nello Yorkshire nel III secolo D.C. , anche se il prima testimonianza scritta che cita “cavalli da corsa” pare risalire al IX-X secolo. E se già nel XVI secolo, durante il regno di Enrico VIII furono promulgate una serie di leggi per regolare l’allevamento di questi splendidi animali, fu solo nel XVIII secolo che le corse di cavalli raggiunsero l’apice della popolarità con la fondazione nel 1750 di The Jockey Club. Si trattava di una struttura di controllo nazionale riservata allo sport e che ancora oggi esiste con il nome di British Horseracing Authority (Federazione Britannica degli Sport Equestri) e che ha lo scopo di proteggere la tradizione e l’allevamento dei purosangue da corsa.
Certo è che corse di cavalli sono sicuramente uno dei passatempi preferiti della regina Elisabetta II e da sempre la famiglia reale possiede una scuderia di cavalli vincenti. Tra questi c’era anche Anmer, il cavallo di re Giorgio V (1865-1936) cavalcato dal fantino Herbert Jones, i cui nomi però sono entarti nella storia del Derby per aver travolto, il 4 Giugno 1913, la suffragetta Emily Davison. Entrata nel recinto dell’ippodromo mentre i cavalli erano lanciati al galoppo, la donna cercò di afferrare le briglie del cavallo forse con l’idea di attaccarvi la bandiera viola, bianca e verde del WSPU (Women’s Social and Political Union) per farla sventolare fino al traguardo per promuovere, in occasione di un avvenimento tra i più importanti del calendario britannico, con questo gesto così audace la causa del movimento delle Suffragette e del voto alle donne. Cavallo e fantino caddero, ma si ripresero entrambi furono in grado di correre ad Ascot due settimane più tardi, mentre la donna ebbe la peggio e morì all’ospedale di Epsom quattro giorni dopo.
Il Derby era anche una di quelle occasioni (davvero pochine nel calendario vittoriano) in cui le barriere sociali cadevano e persone di classe sociali diverse si ritrovavano per un giorno o due a frequentare lo stesso ambiente; e basta guardare la confusion colorata del dipinto di William Powell Frith (1819-1909) intitolato guarda caso The Derby Day per avere un’idea dell’atmosfera specialissima di questa giornata.
Ancora oggi non molto sembra essere cambiato dall’epoca vittoriana: ogni anno migliaia di spettatori si riversano all’ippodromo per assistere ad una delle corse più prestigiose della Gran Bretagna, inclusa la sottoscritta. Ma oggi come ieri, la socializzazione è solo apparente. E mentre i comuni mortali (come io e il mio boyfriend) se ne stanno sul prato a fare il pic-nic bevendo birra, i V.I.P. (o chi per loro) se ne stanno tranquilli in tribuna con in guanti e cappello a sorseggiare champagne. Con buona pace dell’uguaglianza.
By Paola Cacciari
Beh, senta, mia squisita Mrs Garrick, all’idea di gilet e rigido cappello, preferisco i calzoncini al polpaccio dei grassoni da lei scrupolosamente ripresi nel prato riservato al popolo. Che poi il popolo rutti ogni tre sorsi di birra… No, non è bello, certo. Ma sempre meglio che in giacca. gilet e rigido cappello (dimenticavo: il fiore all’occhiello)
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Esimio Sig. Ebby, non posso che essere d’accordo. Ma devo confessarle che non mi dispiacerebbe per una volta essere dall’altra parte, dalla parte di quelli con il cappello. Così, tanto per cambiare… 😉
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Gentile Mrs. Garrick, non vorrei osare troppo chiedendole: ma ce l’ha l’accento giusto? Credo non basti la giusta scollatura…
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Certo che ce l’ho! Nonostante i miei sedici anni nella terra del Fish and Chips ho ancora un fortissimo accento … italiano! 🙂 🙂
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Ecco, brava! Così, quelli col cappello, la scambierebbero per l’immigrata addetta alla raccolta delle cartacce… Se le va meglio: a un’infiltrata del Padrino…
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