Mrs Dalloway di Virginia Woolf

Ho letto Orgoglio e Pregiudizio quando avevo diciassette anni e non mi è piaciuto. L’ho trovato noioso e per nulla divertente. Dov’erano quell’ironia e quella leggerezza di cui i testi di critica letteraria parlavano tanto?
Allo stesso modo ho letto Gita al Faro quando ne avevo ventisette di anni, e ho provato la stessa sensazione di noia, così come nel caso di Jane Austen, anche di Virginia Woolf mi stesse sempre sfuggendo qualcosa. Qualcosa di indefinito e che non riuscivo ad afferrare.

Certo leggere i romanzi in traduzione non aiuta, e lo so per esperienza essendo io stessa una traduttrice (troppo spesso disoccupata che al giorno d’oggi nessuno vuole pagare per la qualità). Il grande Umberto Eco ha persino dedicato un libro all’argomento, la bibbia del traduttore, dal titolo Dire quasi la stessa cosa. Che una traduzione non potrà mai dire esattamente la stessa cosa (a volte in una lingua mancano proprio le parole stesse adatte per farlo), ma come, pur sapendo che non si dice mai la stessa cosa, si possa dire quasi la stessa cosa. Tradurre porta inevitabilmente via qualcosa al testo originale: leggere Dante in inglese suona osceno, così come dopo aver provato Shakespeare in inglese uno non potrà mai più avvicinarsi neanche di striscio ad una traduzione italiana (o francese, o tedesca…). Seppure sia quasi lo stesso, non sarà mai lo stesso.

Mrs Dalloway, cover design by Vanessa Bell. Hogarth Press, 14 May 1925
Mrs Dalloway, cover design by Vanessa Bell. Hogarth Press, 14 May 1925

E questo l’ho sperimentato leggendo Mrs Dalloway. Dopo il mio tentativo abortito di leggere La Signora Dalloway in italiano una ventina di anni fa, avevo esiliato Virginia Woolf tra gli autori illeggibili. Poi qualche settimana fa, alla Royal Opera House, ho assistito ad un magnifico balletto del coreografo inglese Wayne McGregor dal titolo Woolf Works che mi ha fatto ritornare la voglia di dare alla Woolf una seconda possibilità. Se non altro perché Alessandra Ferri, che interpretava Clarissa Dalloway (che, ironia della sorte, o forse no) e che ha quasi esattamente la stessa sua età, è riuscita con delicatezza a trasmettere tutta la serie di inquietanti emozioni che passano per la mente di Mrs Dalloway. Come la meditazione sulla vita e sulla morte, per esempio – che costituisce uno dei temi centrali del libro.
La trama del libro è pressoché inesistente, pointless, senza senso, inutile suggerisce gentilmente la mia dolce metà, che Virginia Woolf davvero non la può proprio soffrire. Tutto il libro infatti si condensa nel corso di una giornata, mercoledì del giugno 1923 nel corso della quale la protagonista, la ricca cinquantunenne Clarissa Dalloway, si reca a Bond Street per comprare dei fiori per la festa che sta organizzando per la sera stessa e durante la giornata incontra gente e soprattutto, pensa e ricorda il suo passato. Le descrizioni esterne sono appena abbozzate, Londra è un’entità astratta, colorata, viva e pulsante come i quadri della sorella Vanessa Bell, ma questo non è il punto: ciò che importa è l’inesorabile passare del tempo. E il passare del tempo – sempre chiaramente scandito dal Big Ben attravesro tutto il libro – il suo non essere mai abbastanza, o il suo dilatarsi in modo spropositato nella mente dei personaggi, gioca un ruolo fondamentale nell’intero libro. Ma la cosa che mi ha colpito di più è come la stessa Clarissa diventa una persona attraverso la sua memoria, sua e di chi la circonda. La realtà ha molte facce, tutte ugualmente vere direbbe Pirandello. Da giovane sono stata un’appassionata lettrice di Marcel Proust e di James Joyce (in traduzione), ma erano anni che non leggevo nulla che utilizzasse la tecnica dello stream of consiounsess, del flusso di coscienza. Ritrovarlo qui mi ha elettrizzato.

Non solo. Ci sono libri che si apprezzano solo con l’esperienza portata dall’età. Come da adolescente avevo trovato Jane Austen troppo quieta per i miei gusti, che un’adolescente vuole romanticismo e passione (tutte cose che abbondavano in Foscolo, Goethe o nel mondo tormentato delle per esempio…) rivalutabdola in età adulta, quando i suoi romanzi perfettamente bilanciati ed armoniosi mi hanno offerto quell’oasi di pace e tranquillità in cui rifugiarmi quando la vita ha deciso di fornirmi, mio malgrado, una robusta dose di inquietudine, ansia. Lo stesso è capitato con Virginia Woolf.

Virginia Woolf in 1902; photograph by George Charles Beresford.
Virginia Woolf in 1902; photograph by George Charles Beresford.

I desideri di Clarissa Dalloway e degli altri, le loro angosce, le paure – della solitudine, della morte ma anche della vita – il loro esseri fragili esseri umani feriti dalle circostanze e impotenti di fronte alla vita. E ancora, la fatica di essere donna in una società che ancora oggi ostacola e punisce le donne che vogliono ottenere dalla vita e dalla carriera gli stessi risultati di un uomo.

2017 ©Paola Cacciari

25 thoughts on “Mrs Dalloway di Virginia Woolf

  1. Sì, con gli anni si cambia molto nel rapporto con la lettura, ci si sposta sempre più dalla trama fine a se stessa alla trama che però significhi qualcosa, fino ad arrivare alla saggistica, al pensiero.

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  2. devo ammettere che da ragazza leggevo di più poi, per vari motivi, non ho avuto più tempo ma condivido il tuo pensiero perchè mi è successo di comprendere alcuni libri nei pochi momenti a disposizione che sono tutt’ora le biblioteche e prima i parchi londinesi.

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  3. ho avuto la fortuna di leggere mrs Dalloway e Orlando a 29 anni e in inglese, su consiglio di mio padre e li ho trovati insuperabili. i capolavori andrebbero letti sempre in lingua originale…buona domenica paola

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  4. Su Virginia Woolf ho fatto l’esame di inglese all’università e non mi piace né in Italiano Né in Inglese. Forse sono ancora troppo giovane per apprezzarla, come Jane Austen del resto… letta l’anno scorso per la prima volta ma decisamente lontana dai miei gusti… comunque non ho la competenza linguistica per leggere e comprendere un intero romanzo in lingua originale. Ho letto il vecchio e il mare, ma quello mi piace sia in Italiano che in Inglese!

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    1. Non so cosa sia successo, semplicemente e’ cliccato qualcosa nella mia testa e l’ho capita, Virginia Woolf dico. Per quanto riguarda Jane Austen devo dire che se la traduzione non e’ buona si perde tutta quella sottile ironia che rende i suoi romanzi così speciali. In Italiano non mi e’ mai piaciuta, la trovavo di una noia e di una banalità incredibile, poi ho letto Orgoglio e Pregiudizio in inglese e mi e’ sembrato di leggere un libro diverso! E mi sono innamorata totalmente di questa scrittrice… 🙂

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    2. Ho messo un “mi piace” non tanto in riferimento a Woolf/Austen, nelle cui opere qui non mi addentro, ma è l’incontro di gusti nei confronti di Hemingway che, nel caso del Vecchio e il Mare, è in testa alle mie passioni. Mi basta sentire parlare di Hemingway per perdere la testa e l’amica Paola sono certo che mi capirà, e perdonerà la mia intrusione. (Hemingway, e i racconti?! «Un posto pulito e illuminato bene!» basta per tutti!)

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      1. Io da parte mia non sono una grandissima amnate di Hemingway, o forse l’ho letto in un momento sbagliato della mia vita, quando non ero “sintonizzata” sulla sua frequenza… Ma se capita l’occasione, sono pronta a dargli un’altra possibilita’, come ho fatto con Virginia Woolf… 🙂

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  5. Che bella analisi. L’attenzione alla fragilità e alla condizione femminile me la stanno rendendo cara questa autrice. Per ora ho letto solo La signora Dalloway, Gita al faro e alcuni racconti, in italiano. Però so che dovrò passare alla lingua originale per apprezzare e comprendere davvero Virginia.

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