Wagner e L’anello del Nibelungo

“Lo sai che non posso ascoltare troppo Wagner… sento già l’impulso ad occupare la Polonia!”

dice Woody Allen a Diane Keaton in Misterioso omicidio a Manhattan. Questa scena mi ha sempre fatto ridere, ma non mi ero mai fermata a considerare l’impatto che la sua musica ha sulla gente. Forse perché fino a qualche tempo fa non avevo mai ascoltato Wagner. Ascoltato DAVVERO.
Che la musica di Wagner abbia sempre avuto una strana presa sulla gente non è una novità. Basta pensare che il più famoso dei sui ammirartori (dopo il devotissimo sovrano-patron Ludwig II di Baviera) era Adolf Hitler.
E dopo la maratorna fisica e mentale delle quattro opere che compongono il ciclo de L’anello del Nibelungo alla Royal Opera House di Londra (quattro opere in una settimana per un totale di 15 ore di musica) posso solo confermarlo e fortunatamente senza aver ambizioni espansionistiche… Che dopo un inizio nervoso e vagamente preoccupato, del tipo perché mi sto facendo questo e cose del genere, sono finita completamente ipnotizzata, assorbita quasi fisicamente dalla quasi soprannaturale potenza della musica, e della storia, e ancora adesso sono totalmente incapace di spiegare il perché.

Che Wagner fosse uno degli esseri umani più impossibili che fosse mai vissuto non è un segreto: arrabbiato, ossessionato da se stesso, nevrotico, sempre a corto di denaro, inaffidabile, ingrato, infido e patologicamente offensivo: se non fosse stato un genio della musica, sarebbe stato rinchiuso. E con giusta ragione.

In un momento in cui il suo matrimonio con Minna (la prima moglie) cadeva a pezzi a causa (tra le altre cose) dalle sue numerose relazioni extraconiugali, consumate e platoniche, in cui la produzione parigina di Tannhäuser in cui aveva riposto tante speranze, risoltasi in uno spettacolare disastro, con Tristano e Isotta, L’oro del Reno, La Valchiria e tre quarti di Sigfrido completati, ma mai suonati, il nostro Wagner cosa fa? Si mette a scrivere una nuova opera lunga (tanto per cambiare) quattro ore e mezza, I maestri cantori di Norimberga. Chiunque altro si sarebbe buttato sotto una carrozza e l’avrebbe fatta finita con questo mondo ingrato.

Le sue riserve di ottimismo sembrano inesauribili. E ciò che Madre Natura gli aveva negato dal punto di vista fisico (era basso, con una testa enorme e gli occhi sporgenti, il viso spesso coperto di brutte macchie rosse, lesioni e pustole spesso di origine psicosomatica) Wagner l’aveva rimpiazzato ampiamente da un’inesauribile energia e da una cieca fiducia in se stesso e nella sua missione, cose che indubbiamente gli conferivano un enorme carisma con l’altro sesso. Qualunque fosse il motivo, le donne erano pazze di lui. E non solo le donne. Che Wagner era uno di quegli artisti la cui visione era così potente da trasformare persino il mondo intorno a lui in un universo popolato da nani, draghi o giganti. Riuscì persino a evocare il perfetto mecenate, nel Re pazzo Ludwig di Baviera, che gli diede tutto ciò di cui aveva bisogno (soldi e adorazione), e altro ancora.

Il suo antisemitismo è ben noto, oggetto di infiniti dibattiti tra coloro che sentono contaminare la sua musica e coloro che la considerano completamente separata. Ma solo quando ho letto Being Wagner: The Triumph of the Will scritto dall’attore, regista e sceneggiatore inglese Simon Callow, una deliziosa biografia del compositore tedesco (di cui Callow è, nonostrante tutto, un grandissimo ammiratore), mi sono resa conto di quanto l’odio di Wagner verso gli ebrei fosse virulento tanto da definire questo popolo “il nemico nato della pura umanità e di tutto ciò che è nobile”. Il che spiega il perché Hitler vedesse in lui il perfetto tedesco, una sorta di anima gemella insomma. Eppure la musica dura, a dispetto di tutto e di tutti, soprattutto a dispetto del suo compositore. E qui entra in scena il ciclo de L’anello del Nibelungo. 

Scene 1 of Das Rheingold from the first Bayreuth Festival production of the Bühnenfestspiel in 1876

Wagner era ossessionato da se stesso e dalla sua opera, questo lo abbiamo già detto. Ma la sua ossessione con la sua creazione era tale da arrivare a produrre non solo musica e libretto, ma anche la scenografia delle sue opere, seguendo la produzione tecnica in ogni minimo dettaglio, per la gioia di chi doveva avercelo attorno ogni minuto della giornata…
Ma questo diventa secondario una volta che ci si trova davanti all’opera (o opere visto che sono quattro) compiuta. Con la sua musica infatti, Wagner racconta la storia delle tre forze che fanno girare il mondo: amore, potere e religione. Raccontano cosa accade del mondo degli uomini e cercano di comprendere tali emozioni. E la cosa sorprendente è che ci riesce e dite quello che volete, ma che ci piaccia o no, è difficile essere indifferenti a Wagner. E una volta incontrata la sua musica è impossibile tornare indietro. Parola di pucciniana convinta.
Nel il ciclo de L’anello del Nibelungo musica e testo hanno la stessa importanza. Senza a tare a raccontare la storia (che trovate qui seppure in questa incerta versione di Wikipedia) il ciclo de L’anello è fondamentamente la storia delle conseguenze che seguono la rinuncia di un uomo al suo lato buono per ottenere il potere. A questo si aggiungono altri temi mica da ridere, come il crollo dell’autorità del leader, in seguito al tradimento della stessa autorità da lui incarnata, e infine l’eliminazione del male del mondo grazie alla caduta dell’ordine prestabilito. Uh!

Con queste premesse non sorprende che scrittori e artisti e filosofi in tutte le epoche abbiano letto L’Anello in tutte le chiavi possibili e immaginabili, inclusa quella anarchica e Marxista di G.B. Shaw. Ma il vero messaggio sta nelle parole e nella azioni dei personaggi di Wagner, parole ed azioni che reinterpretano sotto i nostri occhi le nostre azioni e soprattutto, i nostri errori.
Certo con i suoi dei, gli elfi, i giganti, le valchirie e gli eroi, è facile ridurre l’epica de L’Anello ad una semplice favola, alla saga delle saghe nata dalla collazione di leggende germaniche, islandesi e norvegesi, con un occhio alla Grecia dell’Oresteia.
Ma c’è molto di più: Wagner dimostra come un solo atto malvagio porta quasi inevitabilmente ad un altro e come le persone possano facilmente diventare schiave degli eventi. Insomma per dirla come Isaac Newton, ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale ed contraria. Sigfrido è insieme alle valchirie forse uno dei personaggi più noti dell’intero ciclo, un anarchico modellato sulla figura dell’anarchico per eccellenza, il russo Mikail Bakunin. Come Bakunin, Sigfrido vede nell’atto del forgiare una nuova spada con i pezzi di quella vecchia e rotta, piuttosto che ripararla, un simbolo della rincincia alle vecchie idee per abbracciare quelle nuove.
Vero o no, L’Anello del Nibelungo fa ancora oggi discutere. A dimostrare che Wagner aveva ragione quando disse che

“l’unicità del mito è nel suo essere sempre attuale.”

Parole sante.

2019 ©Paola Cacciari

10 thoughts on “Wagner e L’anello del Nibelungo

  1. Che bel post hai scritto!!!!
    Ci sono cose che certamente sapevo, ma orecchiavo solamente.

    Nota: pensa, stavo accingendomi a un post sul mio blog, partendo dall’inossidabile Woody 🙂 Lo spunto, come puoi immaginare, è in materia totalmente differente. E poi io non so tutte le cose che tu generosamente elargisci.

    Conclusione: brava e un abbraccione dalla tua claudicante Patria (P maiuscolo come la P iniziale di PIL, ahi, ahi, ahi!)

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    1. Carissimo Guido, non sai quanto mi lusinga l’entusiasmo del tuo commento!! 🙂 i post che scrivo sono l’occasione per fare piccole ricerche sulle cose che mi incuriosiscono che sono tante! 😉 Non parliamo di claudicante Patria che tra quella di nascita e quella adottiva sono proprio messa male! :/ incrociamo le dita… E naturalmente saluto al caro sig Ebby! 🙂

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      1. Sì, Patria di nascita e … adottiva, condivido, che poi gli esiti e le fantasie perverse della patria adottiva finiscono col riverberarsi su quella nativa, visti i legami ormai di ogni genere tra cui, non da poco, quelli commerciali tra le due patrie. Ormai la patria è l’Europa, niente da fare, volenti o nolenti, a meno di non finire polverizzati e colonizzati da USA e Cina.
        Vengo dal leggere on line, ultima ora, la notizia di un’imponente eccezionale, mega-dimostrazione a Londra pro nuovo referendum per cancellare la famigerata Brexit. Non so quanto i mei compatrioti se ne rendano conto, ma quella manifestazione giova anche a loro, che se no… le arance, il grana e gli spaghetti a chi li vendiamo? 🙂
        Nota: il signor Ebby si fa premura di ricambiare calorosi nostalgici saluti, si è commosso ma non vuole che si sappia…

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