Solitudine, ansia, gelosia, paura e tormento: davvero Edvard Munch (1863-1944) non doveva essere l’anima della festa, ma sicuramente aveva un talento per l’arte. Questa mostra non è facile, anzi: è roba pesante e severa che fin dall’inizio ti si appiccica addosso come fuliggine scura.
Tutto ciò che si trova nei dipinti di Munch è anche nelle sue stampe, eccetto il colore. Ci sono amanti dai corpi intrecciari, figure solitarie avvolte nella loro angoscia esistenziale, donne irraggiungibili. Non manca la versione a stampa de L’Urlo che nel suo spoglio bianco e nero è, se possibile, quasi più tormentato della versione dipinta. Munch era profondamente consapevole del potere devastante delle malattie mentali: comprendere e di conseguenza esprimere il funzionamento della mente era per lui estremamente importante, ed era ciò che cercava di ritrarre. Inutile dire che è una cosa che ha un’enorme risonanza oggi
L’opera di Munch è iconica per una ragione. Quando ti arriva addosso, tutto quel dolore e quel tormento ti resta addosso. Gli occhi inquietanti e angosciati dei soggetti dei suoi quadri ci seguono per la stanza e continuano a seguirci anche quando quando si lascia la mostra. Questo è l’aspetto dell’arte di Much che trovo meno piacevole, che a nessuno piace essere seguito da un paio di occhi vuoti e da una bocca urlante, ma è la prova di quanto geniale sia questo artista.
Londra// fino al 21 Luglio 2019
Edvard Munch: Love and Angst, at the British Museum
2019 © Paola Cacciari