Davanti al dolore degli altri di Susan Sontag

Sarà l’atmosfera del Covid, satura di metafore relative alla guerra (battaglia, nemico, vittoria etc etc) e di dolore, sarà che le letture che sto facendo in questo momento vanno anch’esse in quella direzione, ma mi e’ venuto da riflettere su una delle mie passioni, il fotogiornalismo, e in particolare sulla fotografia come documneto di guerra.

In un vecchio post del 2015, scritto di getto sull’onda delle emozioni suscitate in me dalla visita di una stupenda mostra a Tate Modern dedicata a 150 anni della fotografia di guerra intitolata Conflict, Time, Photography, rifletto che “Il potere evocativo della fotografia è immenso, ti costringe a guardare alle cose dal punto di vista del fotografo anche se a volte le cose fotografate non sono belle. Ma questa mostra bella lo è davvero, per quanto sembri assurdo mettere nella stessa frase il termine “guerra” e l’aggettivo “bella.”

Può la fotografia di guerra essere “bella”? Me lo sono chiesto molte volte. E pare se lo sia chiesto anche Susan Sontag (1933-2004) in questo suo magnifico saggio, Regarding the Pain of Others (tradotto in italiano da Hoepli come Davanti al dolore degli altri nel 2003). Pubblicato nel 2003, prima della sua morte avvenuta nel 2004, Regarding the Pain of Others è stato l’ultimo libro della Sontag (una sorta di continuazione ideale del suo precedentescritto On Photography del 1977) in cui si propone di rispondere a una delle tre domande poste nel libro Le Tre Guinee di Virginia Woolf:Come possiamo, secondo te, prevenire la guerra?

Non c’è forse qualcosa di perverso nel vedere la bellezza nel dolore degli altri, nell’osservare la sofferenza e la distruzione altrui con gli stessi canoni estetici in cui osserviamo una delle tante versioni pittoriche del San Sebastiano o de Lo scuoiamento di Marsia? E’ possibile guardare al dolore degli altri (persone vere, morte o morenti e che forse moriranno) senza vederlo, o almeno senza vederlo più? E’ qualcosa che continua a stupirmi. Ma la fotografia, anche se di guerra, è pur sempre un’arte visiva e come tale soggetta ad un canone estetico – anche se c’è chi sostiene che un certo tipo di fotografia non dovrebbe essere affatto bella in quanto distrae dal soggetto. Quello tra documento e opera d’arte è un delicato equilibrio destinato a dare segnali confusi.

Sono una grande appassionata di fotogiornalismo e le immagini di grandi fotografi come Robert Capa e Don McCullin sono splendide – anche se sono la prima ad ammettere che l’aggettivo “splendido” assume un connotato strano quando è usato per descrivere il viso immobile e lo sguardo fisso del giovane marine americano profondamente traumatizzato aggrappato al suo fucile sulla copertina dell’edizione inglese del libro della Sontag. Quest’immagine non cessa mai di stupirmi e al tempo stesso farmi sentire un’intrusa nell’anima violentata del soldato. Eppure l’aspetto estetico è innegabile: la composizione, l’uso del bianco e nero, la storia. In quella tragedia c’è un provocatorio tipo di bellezza che punta il dito contro l’inutilità della guerra.

Ogni fotoreporter che abbia sperimentato in prima persona l’orrore del campo di battaglia, ha la speranza che le sue immagini possano comunicare a chi le osserva le stesse emozioni, suscitare lo stesso orrore, la stessa repulsione. Ma, conclude la Sontag, coloro che non hanno vissuto queste cose in prima persona “non possono capire, non possono immaginare” le esperienze che tali immagini rappresentano. vero. quando la realtà diventa troppo, possiamo sempre cambiare canale o chiudere il libro.

2020© Paola Cacciari

8 thoughts on “Davanti al dolore degli altri di Susan Sontag

    1. Grazie!! 🤗 volevo scrivere un post su un libro che mi era piaciuto molto e invece mi sono ritrovata a filosofeggiare sul senso della vita… 😂 Buon Anno Enri! 🥂🍾🙏🤞

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  1. Concludi: “Quello tra documento e opera d’arte è un delicato equilibrio destinato a dare segnali confusi.”
    Sì, molto confusi.
    Com’è altrettanto inconfutabile che chi non ha vissuto il fuoco e non ne è restato bruciato, vivrà sempre il fuoco magari addirittura come sublime spettacolo.
    (Vai a spiegare a un bambino di non mettere le dita nella presa della luce. Fin tanto le mette per finalmente capire:-) )
    Buon Anno, Paola, Cin-cin 🙂

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