Spazio 1999

A volte ritornano. Anche i telefilm che ci appassionavano tanto da bambini. Quando meno te lo aspetti il ricordo del passato, fino ad allora sepolto sotto un cumulo di nuovi ricordi, ti si ripresenta davanti, provocandoti le stesse emozioni della madeleine di Proust. Come oggi, per esempio quando, girovagando pigramente tra un canale all’altro del digitale mi sono imbattuta in una replica del mitico Space 1999. O come era arrivato da noi in Italia, Spazio 1999.

La serie televisiva britannica trasmessa dalla televisione tra il 1975 e il 1977 racconta le peripezie dell’equipaggio della Base Lunare Alpha che lottano per sopravvivere in un universo ostile, dopo che un terribile susseguirsi di esplosioni nucleari avevano scagliato la luna fuori dall’orbita terrestre, dispersa per sempre nell’infinità del cosmo. Da noi arrivò nel 1976, trasmessa da Rai 2, che l’aveva cofinanziata.

E se la prima mi era piaciuta molta, è la seconda serie che ricordo di più, quella anglo-statunitense (mi dice Wikipedia…) e non per i mostri, sparatorie e scene romantiche, ma perché c’era Maya. L’ultima superstite di un pianeta distrutto dalle straordinarie sopracciglia che mi ricordavano tanto piccole palline di pongo, Maya diviene parte dell’equipaggio, si fidanza con il comandate Tony e spesso e volentieri si serve dei suoi straordinari poteri di cambiare forma per soccorrere gli altri protagonisti dell’equipaggio. Uh!

Maya (Catherine Schell) Space 1999

Avevo sette anni e la guardavo sulla TV in bianco e nero della nonna, ma non importava. Sognavo di cambiare forma come Maya e magari anche vita, e nel frattempo tormentavo genitori e parenti con la sigla finale del telefilm, che nell’edizione italiana era cantata dal duo Oliver Onions (Guido e Maurizio De Angelis) e si intitolava opportunamente, S.O.S. Spazio 1999“.

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