Dieci cose che impari dalla vita se sei Carlo I Stuart re d’Inghilterra

Accadde oggi: il #30gennaio 1649 viene decapitato Carlo I Stuart, re d’Inghilterra. 10 cose che dovresti imparare dalla vita quando sei Carlo I Stuart: 1) Gli inglesi sono campioni di understatement e quindi fanno passare persino le rivoluzioni sotto tono. Ma le fanno. E i re li decapitano, prima dei francesi e con gran soddisfazione. […]

Dieci cose che impari dalla vita se sei Carlo I Stuart re d’Inghilterra

La moda e le sue storie

Le candide gorgiere di Franz Hals e dei grandi della pittura olandese. La voluttuosa sensualità dei tessuti di Lorenzo Lotto. I dettagli cesellati nei costumi di Hans Holbein o di Bronzino. Costumi che sono capolavori veri e propri. La moda, come gli oggetti di design, sono storia sociale elevata all’ennesima potenza, perché il costume, come gli oggetti di cui ci circondiamo a casa, dice cose che le parole non dicono.

Come questo ritratto che la (allora) principessa Elisabeth dona al fratello, re Edward VI. Più che un ritratto, questo è un capolavoro di diplomazia. A cominciare dal formato: di tre quarti più modesto di quello a figura intera – in quanto lo status di Elisabetta, che seppure era migliorato con l’atto di successione del 1543, era ancora precario al tempo del ritratto nel 1546, quindi bisognava essere modesti, non strafare. Ma non facciamoci ingannare dallo sguardo innocente e dal contegno modesto della giovane principessa che, anche se ufficialmente questa è una dichiarazione della sua sottomissione alla volontà del re, il suo costume e suoi gioielli indicano che non si tratta di una fanciulla qualsiasi, ma di una legittima erede al trono.

Elizabeth I when a Princess c.1546
Elizabeth I when a Princess c.1546

L’artista William Scrots infatti la raffigura vestita di uno splendido abito cremisi, dalle cui abbondanti maniche (le maniche erano parti preziose dell’abito) fuoriesce un superbo tessuto di damasco filettato in oro. Considerando che tanto il cremisi che il damasco filettato d’oro erano interdetti a coloro non di sangue reale (e che quindi le sarebbero stati proibiti se la principessa fosse stata davvero illegittima), il messaggio di Elisabetta ad Edward non avrebbe potuto essere più chiaro: caro fratello, ricordati che in famiglia ci sono anch’io…

 Non molto è cambiato nel mondo della moda. Ieri come oggi l’abito è una muta presentazione del singolo e della societa offre di sè. Che a pensarci bene, a parte la faccia e le mani, le uniche cose che effettivamente vediamo quando incontriamo qualcuno sono gli abiti.  Dagli abiti spesso riusciamo a formulare una prima impressione dell’individuo che ci sta davanti, ad intuire la nazionalità, la classe sociale, la professione e di adattare il nostro comportamento alla situazione. Certo “indovina da dove viene il visitatore” è uno dei miei passatempi preferiti quando sono di turno al Museo… Fortuna che ora c’è la fotografia perche dubito che molti pittori oggigiorno avrebbero la pazienza necessaria per dedicarsi a tali trionfi di diligenza…

Painted Hall, Old Royal Naval College @ Greenwich

Nascosto tra i vari edifici che compongono l’Old Royal Naval College, il magnifico complesso neoclassico costruito da Christopher Wren (1632-1723 ), l’architetto di St Paul’s Catherdral, e dal suo pupillo Nicholas Hawksmoor (1661-1736) che sorge sul sito dell’antico palazzo omonimo di epoca Tudor, c’è uno tra i piú grandi e al tempo stesso sconosciuti soffitti dipinti dell’Europa del Nord: la Painted Hall.

Old Royal Naval College, viewed from the north side of the Thames river. Photo © Bill Bertram

E sebbene il capolavoro di James Thornhill (1675 o 1676-1734) non sia la Cappella Sistina (a cui è stato ultimamente sempre più spesso paragonato) la Painted Hall è certamente imponente e notevole dal punto di vista visivo – lo posso confermare per esperienza quando finalmente ho trovato il tempo (e l’edificio…) per visitarlo.

Thornhill impiegò una ventina d’anni per completare la decorazione pittorica e il suo epico trompe l’oeil fece del relativamente sconosciuto pittore, una celebrità. Le prestigiose commissioni si susseguirono e nel 1715 fu ingaggiato per dipingere la cupola di St Paul’s Cathedral. A questo fece seguito nel 1716 il soffitto della Great Hall di Blenheim Palace, nell’Oxfordshire, la grandiosa residenza di campagna di John Churchill, il primo duca di Marlborough e dei suoi eredi (tra cui Winston Churchill che nacque lì) recentemente ritornato alla sua dimora di campagna dopo che, nel 1710, la caduta del Gabinetto Whig (da lui sostenuto) e l’allontanamento da corte della moglie, la formidabile Sarah Churchill, duchessa di Marlborough, un tempo prediletta dalla Regina Anna, posero fine  sia ai suoi successi militari che alla sua preminenza a Corte. Neanche a dirlo, il soggetto che fa dipingere al nostro Tornhill è la sua grandiosa vittoria del 1704 nella battaglia di Blenheim, durante la guerra di successione spagnola.

Painted Hall, Old Royal Naval College, Greenwich. Londra 2016 © Paola Cacciari
Painted Hall, Old Royal Naval College, Greenwich. Londra 2016 © Paola Cacciari

Il grandioso salone della Painted Hall fu inaugurato nel 1694 con la funzione di sala da pranzo per il Royal Hospital for Seamen at Greenwich, una casa di riposo per anziani marinai della Royal Navy, la risposta britannica all’Hôtel des Invalides costruito da Luigi XIV a Parigi. Il soffitto è un trionfo barocco che celebra il regno di William e Mary II e con loro la legittimizzazione della Gloriosa Rivoluzione del 1689 e con essa il trionfo del protestantesimo sulla religione cattolica.

Painted Hall, Old Royal Naval College, Greenwich. Londra 2016 © Paola Cacciari
Painted Hall, Old Royal Naval College, Greenwich. Londra 2016 © Paola Cacciari

Ma neanche l’aver dipinto la cupola di St Paul’s salvò Thornhill dall’oblio quando, nella seconda metà del XVIII secolo, l’imperante gusto neoclassico dettò che la pittura decorativa dovesse essere racchiusca da cornici architettoniche come quella della Banqueting House di Londra creata da Inigo Jones (che guarda caso era il padre spirituale del Palladianesimo neoclassico) e mastristalmente dipinta da Rubens.  Oggi Thornhill è conosciuto (e anche poco bisogna dirlo) più per esser lo suocero di William Hogarth che per altro. Che sia arrivato il momento di tiralo fuori dal naftalina?

2021 ©Paola Cacciari

Painted Hall Ceiling Tours, Old Royal Naval College, Greenwich.

Tours take place daily between 10am and 5pm (last admission 4pm). £10.

Charles Booth e la mappa della povertà di Londra

Se fossi vissuta a South Kensington nel 1890 quando il sociologo e armatore britannico Charles Booth (1840-1916) stava lavorando alla compilazione della mappa della povertà di Londra probabilmente sarei rientrata nella categoria del colore Viola, che indicava un reddito misto con famiglie più o meno agiate e altre decisamente più povere. Che quando furono costruite i palazzi simili a quello in cui vivo adesso, Earl’s Court era già scivolato dalla zona rossa (classe media, agiata) a quella rosa (piccola borghesia, abbastanza agiata, guadagni ordinari) prima di scivolare nella suddetta viola. Nella mia strada rifugiati e tossicodipendenti convivono con ricchi borghesi e milionari con la Ferrari. In mezzo stanno tutti gli altri, la massa informe di chi vive dignitosamente in affitto, ma non si potrà mai permettere il lusso di comprare una casa in questa zona.

This image has an empty alt attribute; its file name is screenshot_2019-01-19-what-were-the-poverty-maps-charles-booths-london.png

Nato a Liverpool nel 1840, allora uno dei centri del commercio mondiale e la cui popolazione esplose nel giro di pochi anni, Booth era perfettamente qualificato per analizzare gli effetti della rivoluzione industriale sulle infrastrutture delle città vittoriane. Soprattutto quelle che, come Londra vedono la loro popolazione moltiplicare quasi all’improvviso.

Charles Booth

Londra era una città di estremi – estrema povertà ed estrame ricchezza (non e’ cambiato nulla) in cui coloro che si erano arricchiti lo avevano fatto a scapito di coloro che avevano lavoraro per provvedere questa ricchezza e che nel processo si erano invece impoveriti,- cli stessi che ora queste classi abbienti cercavano di tagliare della loro vita e dalla loro vista. Ancora oggi idilliche enclaves benestanti con palazzi bianchi e giardini privati, si contrappongono a zone di criminalita’ e violenza delle periferie. non esistono più gli slums, ma solo sulla carta.

Nel tentativo di refutare la teorie socialiste che sostenevano che un quarto della popolazione della Captale viveva in povertà, Booth inizio a tracciare una mappa delle relazione tra povertà e depravazione a Londra solo per scoprire, nel corso della su indagine che la cifra era molto più alta. Quello che crea e’ un vero e proprio rilevamento topografico in cui il livello di ricchezza/povertà era codificato da colori che andavano dal nero che indicava la classe più abbietta, semicriminale e aggressiva, al giallo della ricca alta borghesia.

La cosa interessante è che la mappa non mostra solo i luoghi in cui vivevano ricchi e poveri, ma anche i luoghi prediletti dalla borghesia mercantile e commerciale, che tendono a concentrarsi attorno alle grandi arterie di comunicazione, mentre l’estrema povertà, come accade ancora adesso, si trova spesso attorno a stazioni ferroviarie, ai canali navigabili e ai vicoli dell’East End. E’ difficile pensare che Shadwell, Limehouse e Shoredich, prima di diventare i paradisi per hipster, “gli alternativi”, che conosciamo oggi fossero praticamente tutti colorati di nero; mentre l’elegantissima Chelsea, quando Booth la mappò, aveva una sacco di blu scuro ed era definita umida, sovrappopolata, con gente bisognosa che non paga l’affitto. Non per nulla Dante Gabriel Rossetti e altri artisti sempre a corto di soldi, scelgono di vivere qui: Chelsea all’epoca era economica, oltre che bohémien.

Part of Booth’s map of Whitechapel 1889. The red areas are “well-to-do”; the black areas are “semi-criminal”.

Certo ètutto molto astratto e Booth lo sapeva anche allora, ma fu il rimo passo verso una serie di riforme che portarono al all’introduzione dell’Housing of the Working Classes Act 1890 che eventualmente autorizzò le autorità locali a demolire gli slums dei bassifondi, e all’Old-Age Pensions Act 1908 approvato nel 1908, considerato come la base del moderno sussidio pubblico nell’attuale Regno Unito.

Nel 1951 gli fu dedicata una Blue Plaques dal London County Council nella casa in cui abitò al numero 6 Grenville Place, South Kensington. Neanche a dirlo, la sua starda era colorata in giallo.

Avevo gia’ palato di Chales Booth in questo post del 2019 dedicato alla mostra Architettura e salute in mostra alla wellcome Collection alla Wellcome Collection di Londra.

2021 © Paola Cacciari

I ritratti di John Constable

Sono a corto di mostre nuove da raccontare. E allora “rebloggo” quelle che ho visto tanti anni fa… 🙂

Vita da Museo

Chiunque abbia contemplato i suoi paesaggi converrà che l’anima di John Constable (1776–1837) abita i cieli plumbei del suo adorato Suffolk. Non è tuttavia con i verdi luminosi della campagna inglese che l’artista guadagna il primo denaro, ma con i ritratti. E considerando che nel corso della sua vita ne dipinge circa un centinaio, questa parte del suo lavoro è straordinariamente poco conosciuta.

John Constable, Autoritratto, Marzo 1806 - Copyright: Tate, London 2009. John Constable, Autoritratto, Marzo 1806 – Copyright: Tate, London 2009.

Dalla metà del XVIII secolo possedere il proprio ritratto non è più un lusso limitato all’aristocrazia. Ansiosa di reclamare il posto che le spetta in società infatti, la ricca borghesia di provincia corre a farsi dipingere dai locali “pittori di facce”. E nella sua natia East Bergholt a Constable il lavoro non manca. Perchè questo sono per lui i ritratti: un lavoro.

John Constable, A Girl in a Red Cloak (Mary Constable), 1809 - Copyright: Private Collection. John Constable, A Girl in a Red Cloak (Mary Constable), 1809 – Copyright: Private Collection.

View original post 308 more words

Lost London – William Blake’s birthplace, Soho…

William Blake’s house in Soho, an illustration by  Frederick Adcock, published in ‘Famous houses and literary shrines of London’ (1912) and written by Arthur St John Adcock. William Blake, one of the UK’s most lauded artists and poets, was born in a property at 28 Broad Street (now Broadwick Street) in Carnaby Market, Soho, on […]

Lost London – William Blake’s birthplace, Soho…

Breve storia della Reggenza

Nel 1811 re Giorgio III, colpito da un attacco di porfiria, fu dichiarato non idoneo a governare. Non era la prima volta che questa malattia lo colpiva, ma il re si era sempre ripreso. Tuttavia alla fine del 1810, le condizioni psichiche di Giorgio III peggiorarono irrimediabilmente e il re fu dichiarato pazzo. Ma questa volta il Parlamento era pronto e con il Regency Act il Principe George Augustus Frederick diventò reggente al posto del padre. Sfortunatamente il Re non si riprese mai più, e alla sua morte nel 1820 il principe reggente divenne a sua volta re con il nome di Giorgio IV, ponendo ufficialmente termine alla Reggenza, anche se questo periodo finisce davvero solo con la morte di Giorgio IV nel 1830.

Thomas Lawrence – Scanned from the book The National Portrait Gallery History of the Kings and Queens of England by David Williamson

Ma di fatto si può dire che la Reggenza sia iniziata molto prima, addirittura nel 1789 con la presa della Bastiglia. Il fatto che il popolo di Parigi, stanco degli sprechi e dei soprusi monarchici, avesse potuto assalire quel simbolo del potere assoluto, elettrizza l’intera Europa del XIX secolo e le ripercussioni furono immense. Il messaggio dei rivoluzionari, che l’ordine prestabilito poteva essere ribaltato, innescò ovunque un dibattito sul ruolo dell’individuo nella società che getterà i semi del mondo moderno. 

A differenza di altri stati europei, che vivono disordini e agitazioni politiche ispirate da quanto avvenuto in Francia, l’Inghilterra fu risparmiata da una rivoluzione violenta. Ma neanche la Gran Bretagna è immune dall’ondata di cambiamenti sociali, politici ed economici provenienti da oltre la Manica. Gli ideali di uguaglianza e progresso promossi dalla rivoluzione francese ispirarono i riformatori inglesi, nello stesso modo in cui i controrivoluzionari terrorizzarono la monarchia e le classi di proprietari terrieri. L’arrivo in Inghilterra poi di un gran numero di nobili francesi fuggiti alla violenza del nuovo regime, e le guerre napoleoniche che impegnano l’Inghilterra (e il resto dell’Europa) tra il 1803 e il 1815, fecero il resto. La diffusione della cultura francese nella società britannica dell’epoca influenzò settori come la lingua, l’arredamento, la moda femminile, e persino la cucina.

Washstand (athénienne or lavabo); 1800–1814. New York, Metropolitan Museum of Art

L’Inghilterra della Reggenza è un mondo in bilico tra due secoli, stretto tra l’eleganza del diciottesimo secolo e il claustrofobico moralismo dell’età vittoriana, dominato dall’esuberante figura del Principe reggente e dal suo seguito di dandy libertini più impegnati a gozzovigliare e a giocare d’azzardo che a governare il paese, in cui i ricchi vivono nello splendore e i poveri muoiono nello squallore. E in cui il crescente benessere portato dalla rivoluzione industriale, contrasta amaramente con il degrado sociale portato alla classe operaia da quella stessa meccanizzazione che aveva tanto migliorato il reddito e lo stile della piccola e media borghesia.

Una classe nuova, fatta di ricchi agricoltori, mercanti, banchieri e avvocati con aspirazioni sociali come quello descritto da Jane Austen nei suoi romanzi (pubblicati tra il 1811 e il 1817, in piena Reggenza), che si fanno largo a gomitate in un mondo in cui fino ad allora erano esclusi, sotto gli occhi sdegnati della grande aristocrazia terriera. Un mondo dominato dallo snobismo, ma socialmente mobile, dove un buon matrimonio può assicurare, se non la felicità, almeno denaro e un posto in società. Cosa ben nota alle donne, il cui destino resta comunque legato al matrimonio e ai figli, e il cui futuro in società, occupazioni e amicizie dipendevano esclusivamente dalla loro capacità di trovare un marito.

James Gillray Caricature of George IV as the Prince of Wales A Voluptuary under the Horrors of Digestion (1792)

In inghilterra quelli tra il 1760 e il 1820-40 sono anni di incredibile avanzamento tecnico e scientifico, che vedono lo sviluppo della macchina a vapore e il suo utilizzo nell’industria tessile e nei trasporti. Si costruiscono nuove strade, una rete di canali e corsi d’acqua e la ferrovia, nasce il telegrafo e si introduce l’illuminazione a gas nelle strade. Viaggiare diventa più facile, e non solo per le materie prime destinate alle industrie e al commenrcio, ma anche per le persone e per le idee. Il mondo diventa più piccolo ma gli orizzonti si allargano.

Industrializzazione e urbanizzazione vanno di pari passo e questa nuova classe mercantile e borghese arricchitasi con il commercio o la libera professione, ha tempo e denaro per una serie di attività prima impensabili. Si dedicano alle corse dei cavalli, al giardinaggio, alla danza e fanno shopping nei negozi esclusivi aperti in strade eleganti come lo Strand e Piccadilly, o in eleganti gallerie commerciali, come Burlington Arcade a Londra. Bevono te e caffè importati dalle colonie, vanno a teatro e all’opera, visitano musei e gallerie (la Dulwich Picture Gallery, il British Museum e la National Gallery di Londra, il Fitzwillam Museum di Cambridge e l’Ashmolean Museum di Oxford aprono tutti in questo periodo) e, grazie al miglioramento nella  rete di trasporti, anche città termali relativamente lontane come Bath, Cheltenham  e Tunbridge Wells diventano accessisibili. Concetti come hobby e turismo nascono in questo periodo. Con il consumismo, nasce l’idea di ‘gusto’ in fatto di arredamento, moda e costume. Il ‘gusto’ era (naturalmente) quello delle classi aristocratiche, la cui determinazione a spendere denaro era un segno di status sociale – e quella del ceto medio di emularli – crea l’ambiente ideale in cui artisti, architetti, artigiani e progettisti possono prosperare.

John Nash, Regent’s Crescent. Photo Courtesy of Regents Crescent

Con l’avvento della borghesia, i grandi quadri a soggetto storico prediletti  dall’aristocrazia diventano all’improvviso obsoleti in soggetto e dimensioni. Il ceto medio richiede soggetti quotidiani, ritratti e paesaggi come quelli dipinti da John Costable e J.W.M. Turner, dalle dimensioni più piccole per le nuove case a schiera che cominciano a sorgere numerose nelle zone alla moda di Londra, nelle città termali e sulla costa. Questa è un’epoca d’oro per l’urbanistica. Lo splendore barocco del secolo precedente lascia il posto al classicismo palladiano, reinterpretato da una nuova generazione di architetti come Robert Adam, John Soane e John Nash, il creatore di Regent Park, Regent Crescent e Regent Street, la cui formula di facciate a schiera diverrà popolarissima in città alla moda come Brighton e Cheltenham e Bath.

È in questo periodo che la lettura di romanzi diventa una delle principali forme di intrattenimento per le classi medie. Romanzi gotici e sentimentali, racconti esotici ambientati nel lontano oriente con ambientazioni improbabili e trame goffe sono fagocitati con entusiasmo da un pubblico, che grande ai progressi dell’alfabetizzazione diventa sempre più largo e in cerca di evasione e intrattenimento. E se il prezzo dei libri era ancora proibitivo per molti, le biblioteche circolanti e i vari club di lettura permettevano una larga diffusione di libri e giornali, e con essi di nuove idee in strati diversi della società mai prima raggiunti.

James Gillray Short-bodied gowns, a Neo-Classical trend in women’s clothing styles (1794)

Anche la satira è un fenomeno della Reggenza e le caricature politiche e sociali di James Gillray e di Thomas Rowlandson non risparmiano nessuno, nemmeno lo stesso Reggente burlandosi tanto della classe politica che degli eccessi della moda dell’epoca importata dalla francia, spesso così stravagante e pretenziosa da rasentare l’assurdità.

Ironia della sorte, il più francofilo dei re britannici, Giorgio IV, trascorse gran parte del suo regno in guerra proprio con la Francia di Napoleone, anche se questo non spense la sua passione per tutto ciò che è  francese, soprattutto per il cibo cucinatogli dai cuochi francesi al suo servizio. C’è un lato positivo in tutte le cose.

2021© Paola Pacciari

Pubblicato su LondonIta

Ricomincia la Vita da Museo?

Dopo un assenza di dieci mesi (mancavo dal centro dalla fine di Febbraio) qualche giorno fa ho nuovamente varcato la soglia della National Gallery.

Ero emozionata come una scolaretta e non solo all’idea di riprendere la mia vita da museo, ma anche di uscire e di indossare qualcosa che non fosse il pigiama o la tuta da ginnastica, o (nel caso delle mie sporadiche sortite nel mondo, in genere per andare al supermercato…) un paio di jeans scoloriti e un maglione extra-large. O la mia colorata uniforme, quando mi capita tra un lockdown e l’altro, di riesumare il mio lavoro al museo.

Mi sono vestita con cura (o almeno più cura di quella che solitamente metto nel vestire, che devo ammettere negli ultimi anni è calata paurosamente…), mi sono spazzolata i capelli e ho persino applicato un velo di mascara. Gesti un tempo abituali che nel corso dell’ultimi mesi sono diventati obsoleti come il mio tanto amato abbonamento alla Royal Opera House. Capita.

E se il motivo principale è stato visitare la mostra che la galleria ha dedicato alla straordinaria Artemisia Gentileschi, la vera emozione me l’ha data il vagare a caso la sale semideserte di una della pinacoteche più belle del mondo. 🤩 Ho potuto alzare gli occhi e perdermi nella decorazione del soffitto senza timore di sbattere contro a qualcuno – o che qualcuno sbattesse contro di me. Ho vagato indisturbata nell’insolita quiete delle sale, ammirando avidamente le creazioni di Holbein, Canaletto, Tiziano, e Turner in silenzio e senza interruzioni e senza che qualcuno invadesse il mio “spazio” per farsi un selfie insieme, chesso’, agli elegantissimi Mr and Mrs Andrews di Thomas Gainsborough o all’impetuoso Marchese di Londonderry Charles Stewart, sapientemente dipinto da Sir Thomas Lawrence… 😒

The National Gallery, London 2020© Paola Cacciari

Ma soprattutto ho potuto ammirare le bellissime sale degli impressionisti, dove non metto mai piede perchè sempre terribbilmente affollate (l’ultima volta è stato tre anni fa, e solo perchè le mie cugine erano a Londra e volevano visitare questa sezione della NG), e ammirare finalmente quei capolavori senza dover rischiare di soffocare o di ricevere una gomitata nelle costole… 😲

The National Gallery, London 2020© Paola Cacciari
The National Gallery, London 2020© Paola Cacciari

Nella tragedia della pandemia, il Covid ha restituito ai musei il loro ruolo originale: quello di custodi delle opere d’arte, piuttosto che attrazioni turistiche o meri sfondi per profili Instagram. Nuove regole e il fatto che ora la prenotazione sia obbligatoria nonostante l’entrata resti gratuita, ha avuto l’effetto di scoraggiare una parte del pubblico e ora va al museo ora ci va perché lo vuole DAVVERO. Non posso negare che la cosa mi piace molto… 😏

2020© Paola Cacciari

Lucian Freud allo specchio: gli autoritratti @ Royal Academy

Affascinante e inquietanate: la pittura di Lucian Freud (1922-2011) mi attira e allo stesso tempo mi fa stare male. La trovo affascinante per il tempo e la cura meticolosa che Freud impiega nel riprodurre ogni vena, ogni neo, ogni ruga del viso, ogni piega della pelle, ma inquietante per la crudele onestà con cui rende il corpo mano, anche quello giovane e bello della mia (allora) collega Ria.

Ero curiosa di vedere se sarebbe stato altrettanto spietato anche verso se stesso. Ho visto alcuni dei suoi autoritratti e sapevo che quello sarebbe stato il caso. Ma trovarsi faccia a faccia con quella sua spietata oggettività rivolta verso se stesso mi ha lasciato ugualmente a bocca aperta.

Freud disse una volta che “non tutti vogliono essere così onesti con se stessi” e questa è la vera crudeltà della sua opera e il grande pregio di questa mostra della National Portrait Gallery.

Lucien Freud Sel Portrait 1985. Private collection. On loan to the Irish Museum of Modern Art, IMMA Collection Freud Project 2016-2021 © The Lucian Freud Archive Bridgeman Images.
Lucien Freud Sel Portrait 1985. Private collection. On loan to the Irish Museum of Modern Art, IMMA Collection Freud Project 2016-2021 © The Lucian Freud Archive Bridgeman Images.

Con la brutale lente d’ingrandimento del suo spietato realismo volta verso sé stesso, Freud ci costringe ad ammette che ha ragione lui e che non tutti vogliono o possono essere così onesti nell’esaminare la loro fragile umanità, che per alcuni ciò che vedrebbero se si guardassero allo specchio, se davvero si guardassero, non sarebbe accettabile. Lui invece dipinge proprio la verità che non tutti vogliono vedere, e forse proprio questa è la cosa che rende la sua arte così incredibilmente bella.

2019©Paola Cacciari

Londra//fino al 26 Gennaio 2020

Lucian Freud: The Self-portraits