Chiswick House

Nel Settecento, i ricchi aristocratici inglesi che volevano considerarsi tali dovevano completare la propria educazione con un Grand Tour europeo che li portava inevitabilmente in Italia.

Lungi dall’essere così splendida, l’Italia – quella vera – era una realtà completamente differente. Ma questo ai primi viaggiatori che venivano per il Grand Tour non interessava: il loro era un pellegrinaggio che facevano per riverire ciò che l’Italia era stata e che in un certo senso era ancora: un museo all’aria aperta, punteggiato da opere d’arte e dove il lascito del Rinascimento era ancora palpitante. Il fatto poi che fosse possibile fare tutto ciò sotto un sole radioso invece che sotto il cielo plumbeo del nord Europa, contribuiva a rendere l’esperienza imperdibile. E cosi i giovani aristocratici inglesi si recavano a Venezia, a Firenze, a Napoli e naturalmente a Roma, dove visitavano le antiche rovine e sospiravano.

Chiswick House and Gardens, London, 2017 © Paola Cacciari

Lo fece anche Richard Boyle (1694-1753) III Conte di Burlington che, stimolato da ciò che aveva visto al ritorno dai suoi viaggi italiani (tra il 1714 e il 1719), decide di passare all’azione. Più interessato all’arte e all’architettura e alla musica che alla politica, Lord Burlington era anche mecenate e, soprattutto, un abile architetto tanto da essere definito da Horace Walpole the Apollo of the arts’. Non sorprende pertanto che la sua ammirazione per l’architettura della Roma antica e per il genio di Andrea Palladio sfoci in quello che è il capolavoro del palladianesimo inglese che  è Chiswick House (1725–9).

Ispirata a Villa Capra (La Rotonda) e concepita da Lord Burlington più come una vetrina per la sua magnifica collezione di dipinti e come luogo di intrattenimento che come abitazione, Chiswick House è uno spettacolare omaggio all’architettura di Palladio, un sogno di perfezione trasportato sul suolo inglese.

Chiswick House, The Gallery. Photo English Heritage

Dopo la morte di Lady Burlington nel 1758, la villa e il giardino passarono alla famiglia Cavendish. William Cavendish senior morì nel 1764, lasciando la proprietà al figlio William junior, il quinto duca di Devonshire, che nel 1774 sposò Lady Georgiana Spencer (la famosa Duchessa di Devonshire interpretata da Keira Knightley nel film omonimo del 2008), la quale amava trascorrere il tempo a Chiswick, che considerava il suo “paradiso terrestre.

Chiswick House and Gardens, London, 2017 © Paola Cacciari

E come darle torto? La villa  è circondata da un bellissimo parco, in cui Lord Burlington e l’architetto di giardini William Kent giocano a sperimentare con nuovi elementi. I due infatti volevano ricreare un giardino dell’antica Roma come quelli di dell’imperatore Adriano Villa Adriana a Tivoli e incorporano elementi come fortificazioni, statue, boschi, elementi architettonici classici ed egizi, cascatelle e giochi d’acqua. Il parco è uno dei primi esempi del design del paesaggio inglese.

Chiswick House and Gardens, London, 2017 © Paola Cacciari

Ora Chiswick House  è gestita dall’English Heritage e vale davvero una visita. Da contemplare con tranquillità.

Metropolitana: Turnham Green (District Line)

Un anno intenso

Mentre il pianeta brucia e i suoi abitanti si scannano a vicenda, un’altro anno è passato: vedere la storia srotolarsi sotto i propri occhi non è poi cosi esaltante come può sembrare a leggerla sui libri anni dopo. Anzi. Da parte mia ho cercato di sopravvivere alle news razionando la dose di brutte notizie, che ho due patrie di cui preoccuparmi, io – l’Italia e la Gran Bretagna. E tra tutte e due, ce n’è abbastanza per deprimere un elefante (se i gentili pachidermi si deprimono). Così ho fatto cose e ho visto gente (come dice Nanni Moretti in Ecce Bombo). Molte cose, e molta gente. In pratica, ho fatto tutto fuorché scrivere questo blog.

Ho letto molti libri, una sessantina a sentire Goodreads, ho visto tante mostre incredibili, inclusa quella che Sotheby’s New Bond Street ha dedicato a Freddie Mercury prima di mettere in vendere il contenuto dell’incredibile collezione della sua casa londinese di Garden Lodge.  Ho visto tanto teatro, ascoltato tanta musica e ho gioito di quanta bellezza l’arte può donare all’anima. Ho anche finito di vedere The Crown ed ora mi sento in qualche modo orfana. Soprattutto ho fatto uno sforzo per essere socievole, e vedere di più amici e colleghi-amici, invece di dire sempre “forse” e poi non farlo. E mi è piaciuto. Forse anche per questo non ho scritto molto.

Ho esplorato parti dell’Inghilterra che non avevo mai visto e mi ancora una volta mi sono stupita del lavoro della natura, e di quello dell’uomo quando non è troppo impegnato a farsi la guerra; sono andata in vacanza con il mio compagno, per la prima volta dopo la pandemia. A Santorini, la più greca delle isole greche, e da quanto ho visto, anche la più turistica – tanto che era impossibile muoversi tra i gruppi di turisti scesi dalle navi da crociera. Fortunatamente noi stavamo dall’altra parte dell’isola: niente tramonti infuocati, ma pace e serenità (e prezzi più bassi…). Ma era da fare, almeno una volta nella vita. Anche sono per la foto “tipica” della cupola blu che si staglia sul mare a Fira… 😁

Ho passato due mesi a Bologna per questioni di famiglia: erano anni che non stavo tanto per tempo ed è stato bello, anche se ero spesso molto, troppo, occupata a lottare contro la burocrazia italiana per godermi amici e famiglia come avrei voluto. Ma ho riscoperto la mia città, e la mia lingua: parlando quasi sempre in inglese non mi ero accorta di quante parole avevo dimenticato. Ho letto tanto in italiano, ho (finalmente!) visitato la Fondazione MAST, e sono andata all’Opera e a Teatro a Bologna – cose che non faccio mai quando sono lì, perché non ho mai abbastanza tempo. Sono anche andata a Firenze dopo dieci anni che non andavo, e l’ho trovata un circo dato in pasto ai turisti. Ho riordinato le vecchie foto, e facendolo ho rivalutato una parte del mio passato, quello che per anni ho cercato di buttarmi alle spalle. Ho visto le mie amiche di sempre, quelle dell’università. Siamo ancora noi, nonostante tutto, nonostante la vita, gli anni. E’ bello.

Ho riflettuto su quanto del mondo ho visto e quanto potrò ancora vedere. E’ inutile negarlo: ho decisamente passato il ‘mezzo del cammin della mia vita’, e per quanto uno sia ottimista, è ovvio che la parte più grande della mia vita è alle mie spalle. Forse non potrò più visitare tutti i luoghi che vorrei vedere – guerre, instabilità politica, e costi di treni e aerei si sono coalizzati contro di me. Forse è per questo che gran parte dei libri che ho letto quest’anno erano di viaggio – Evelyn Waugh, Robert Byron, Patrick Leigh Fermor, i grandi viaggiatori del del passato che si muovevano quando i turisti erano pochi e il mondo aveva ancora magia da offrire. Forse dovrò arrendermi al fatto che sto invecchiando e semplicemente non ho più l’energia per fare le cose che avrei voluto fare. Ma rimarrò fino alla fine un’inguaribile adultoscente (il termine non è mio, anche se vorrei tanto averlo inventato io…), e ne sono contenta. Che a volte l’essere adulti è una cosa terribilmente sopravvalutata… 😉

Berlusconi

Sembrava eterno, e certamente per anni ha intrattenuto la stampa estera con le sue chirurgie plastiche, amicizie discutibili (Tony Blair, Putin), le sue altrettanto discutibili nomine delle sue “donnine” a deputate UE e simili, e le clamorose quanto inarrestabili gaffes. La sua morte ieri ha regalato alla stampa britannica un’ultima chance per dedicare la prima pagina delle varie testate a questo discutibile personaggio che ha accompagnato (e intrattenuto) almeno 30 anni della nostra storia. Pace all’anima sua, e magari anche alla nostra. Amen.

Donatello: Sculpting the Renaissance at the V&A from 11 February – 11 June 2023

Donatello apre oggi al pubblico al V&A. Lavorando al Museo ho avuto il privilegio della pre-view e devo dire che è davvero una mostra spettacolare. Se Paola non va a Firenze, Firenze va da Paola! 😉

London Visitors

Installation shot of ‘Donatello Sculpting the Renaissance’ at the V&A (c) Victoria and Albert Museum, London

Donatello: Sculpting the Renaissance is the first major UK exhibition to explore the exceptional talents of the Renaissance master, Donatello. It explores the artist and his impact on both the cultural and artistic development of this crucial time in the history of art.

Installation shot of ‘Donatello Sculpting the Renaissance’ at the V&A (c) Victoria and Albert Museum, London

The exhibition explores Donatello’s innovations, collaborations and inspirations within the artistic and cultural context of fifteenth-century Italy, and his influence on subsequent generations of artists.

Installation shot of ‘Donatello Sculpting the Renaissance’ at the V&A (c) Victoria and Albert Museum, London

Considered one of the great sculptors, Donatello (c.1386-1466) used a full range of sculptural materials and techniques, including marble, bronze, wood, terracotta and stucco, he contributed to major commissions of church and state; was…

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L’abbazia di Northanger: leggere attentamente le avvertenze.

Il mondo è impazzito. Lo so, questa non è una scoperta recente, che basta aprire il giornale o guardare la TV o il cellulare per essere travolti da un’incessante valanga in cui guerre, terremoti, omicidi, inondazioni e incendi, si mescolano a inflazione, rincaro dei prezzi, Russia, Cina, USA, EU e alla politica instabile ovunque. Ma che l‘Università di Greenwich, nell’omonimo quartiere di Londra abbia sbattuto un’avvertimento per contenuti sensibili su L’abbazia di Northanger (Northanger Abbey) di Jane Austen, come veicolo di “stereotipi di genere” potenzialmente inquietanti e presenti esempi di “relazioni e amicizie tossiche” mi ha fatto veramente perdere le staffe. Ho chiuso il giornale di stizza e ho cominciato a imprecare. Esagerata? Forse. Ma è stata la classica ultima goccia. Che il Cielo ci aiuti! 🤦‍♀️

Premessa: sia chiaro, io non sono contro i content warning a priori, e sono d’accordissimo che la scuola debba essere un luogo sicuro per gli studenti e nessuno vuole innescare in nessuno ricordi che evochino traumi dolorosi. E se i docenti dell’Università di Greenwich non sono stati i primi a schiaffare avvisi relativi alla presenza di contenuti sensibili su materiale di studio che potrebbe turbare gli studenti (il primato spetta ancora una volta gli Stati Uniti e all’Oberlin College, Ohio), negli ultimi dieci anni questi avvertimenti sono diventati sempre più numerosi e inventivi. E questo ci porta a Jane Austen e alla mia filippica.

Fino ad ora L’abbazia di Northanger (pubblicato postumo nel 1817) era qualche modo sfuggito all’attenzione di siti web come Trigger Warning Database, dove i lettori possono controllare gli avvertimenti forniti da altri “sopravvissuti” ai traumi della letteratura, ma lo stesso non si può dire degli altri romanzi della Austen tutti opportunamente elencati con avvertimenti che includono ‘consumo di alcol’ (Emma, Orgoglio e Pregiudizio, Ragione e Sentimento), ‘schiavitù’ (Mansfield Park), “antiziganismo” l’odio per i Rom (Emma), ‘incesto’ (Mansfield Park), ‘classismo’ (Orgoglio e Pregiudizio), ‘misoginia’ (Orgoglio e Pregiudizio), ‘adescamento implicito’ (Emma), ‘depressione’ e ‘caccia agli animali’ (Ragione e Sentimento). 😱 Mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere fino ad ora, data la mia veneranda età e l’inevitabile fardello di esperienze (tra cui amicizie tossiche e relazioni difficili, anche se non sono mai stata abbandonata da un Capitano dell’esercito di Sua Maestà) a sopravvivere alla lettura di Jane Austen! O alla letteratura in genere! D’ora in avanti mi avvicinerò ai libri con estrema cautela, nel caso manchi il content warning per un capellino fuori moda! 😜

2023©Paola Cacciari

Africa fashion

Il Victoria and Albert Museum ha una lunga storia in quanto a organizzare mostre di moda, e certamente da quando ci lavoro ne ho viste tante (molto spesso dall’interno, lavorandoci dentro…). Negli anni ho visto celebrare geni come Christian Dior, Balenciaga e Alexander McQueen, gli Swinging Sixties di Mary Quant, gli anni Ottanta di Club to Catwalk, e il rapporto tra moda e Natura in Fashioned from Nature e l’affascinante storia dell’abbigliamento maschile di Fashioning Masculinities, senza dimenticare accessori come borse, e scarpe e biancheria intima. Ma dalla sua fondazione nel 1852 il V&A (e per la verità nessun’altra istituzione britannica…), ha mai dedicato un’intera mostra alla moda africana.

L’artista ghanese El Anatsui ha affermato che “il tessuto è per gli africani ciò che i monumenti sono per gli occidentali”.

Il linguaggio della moda non è una novità anche nell’Occidente (vedi qui). Ma in molte culture africane il tessuto è un vero e proprio documento storico, ricco di significato simbolico

Gli anni dell’indipendenza e della liberazione africana dalla metà della fine degli anni ’50 al 1994 hanno innescato un radicale riordino politico e sociale in tutto il continente africano, anche grazie alla all’operato di OSPAAAL (Organizzazione di Solidarietà con i Popoli dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina) l’organizzazione di solidarietà formata da movimenti antimperialisti e rivoluzionari nel Sud del mondo sull’onda della Conferenza Tricontinentale del 1966 e con sede a Cuba, e alla pubblicazione della rivista Tricontinental. Che centra Cuba con l’Africa? C’entra eccome, che Fidel Castro riteneva suo dovere intervenire militarmente in quei paesi che percepiva essere governati da un tiranno o da un despota. E nel corso della Guerra Fredda.la piccola Cuba è intervenuta in numerosi conflitti, dall’Algeria al Congo, all’Angola, in supporto di movimenti di liberazione locali, pagando un caro prezzo a livello internazionale per le sue politiche interventiste.

Tra moda, musica, arti visive, manifesti di protesta, pubblicazioni e dischi, vediamo oggetti che incarnano questa era di cambiamento radicale. Le prime pubblicazioni dei membri del Mbari Club, creato per scrittori, artisti e musicisti africani, si trovano accanto alla copertina di Beasts of No Nation di Fela Kuti, un album di chiamata alle armi che incarnava il sentimento comune di frustrazione nei confronti della politica del tempo, ma anche l’energia della creatività africana e la spinta dei suoi artisti a creare cose belle.

La politica e la poetica del tessuto considera l’importanza del tessuto in molti paesi africani e come la fabbricazione e l’uso di tessuti indigeni nel momento dell’indipendenza sia diventato un atto politico strategico. Sono presenti stampe a cera, tele commemorative, àdìrẹ, kente e bògòlanfini, esempi di tecniche provenienti da tutto il continente. In mostra c’è un tessuto commemorativo realizzato nei primi anni Novanta dopo il rilascio di Nelson Mandela, con un ritratto del futuro primo presidente nero del Sud Africa e le parole “UNA VITA MIGLIORE PER TUTTI – LAVORARE INSIEME PER LAVORO, PACE E LIBERTÀ”.

Tra i documenti storici più importanti è il ritratto dell’allora primo ministro ghanese Kwame Nkrumah che indossa un panno kente per annunciare l’indipendenza del suo Paese dal dominio britannico nel 1957. Tipico del Ghana, il kente è un tessuto a strisce di seta e cotone – ogni tessuto che porta il nome e/o un messaggio del tessitore, ragione per cui i ghanesi scelgono i tessuti kente con molta attenzione. Storicamente il tessuto veniva indossato come una toga dai reali di gruppi etnici come gli Ashanti e gli Ewe. Nel Ghana moderno, l’uso del tessuto kente si è diffuso per commemorare occasioni speciali,

Una sezione dedicata alla fotografia della metà della fine del XX secolo, cattura l’umore delle nazioni sull’orlo dell’autogoverno. L’euforia della decolonizzazione coincide con la democratizzazione della fotografia, resa possibile grazie a pellicole più economiche e fotocamere più leggere. Gli scatti documentano la modernità, il cosmopolitismo e la coscienza della moda degli individui, mentre i ritratti realizzati negli studi e negli spazi domestici sono diventati affermazioni di azione e rappresentazione di sé, visibilmente orgogliosi di essere neri e africani. I punti salienti di questa sezione includono la fotografia in studio di Sanlé Sory, Michel Papami Kameni e Rachidi Bissiriou. Gli eleganti ritratti a colori di James Barnor si affiancano anche alle fotografie domestiche di 10 famiglie raccolte dall’appello pubblico del V&A nel gennaio 2021.

Il piano superiore è dedicato ai designer e ai fotografi contemporanei, impegnati a sfidare la mancanza di sfumature nelle rappresentazioni dei musulmani neri non binari. Ma il vero fine dei creatori della mostra è abbattere strategicamente i vecchi confini coloniali

2022 Paola Cacciari

London//fino al 16 Aprile 2023

Africa Fashion @ Victoria and Albert Museum

www.vam.ac.uk