La mia preferita tra le opere esposte alla Tate Britan nella mostra dedicata al Preraffaellita Edward Burne-Jones (1833-1898), ironicamente appartiene al “mio” Victoria and Albert Museum. Raffigura uno sfinito Edward “Ned” (non ancora baronetto o, come si dice qui, “Sir”) accasciato su una sedia, stremato dall’energica lettura di una poesia da parte del suo altrettanto energico amico, compare e socio, William Morris (1834-1896).
È una scenetta buffissima quanto insolita, soprattutto se si pensa che è stata disegnata dallo stesso Burne-Jones. Le differenze con i soggetti delle sue altre opere che lo hanno reso famoso non potrebbero essere più marcate: un chiarissimo esempio di come per tutta la vita l’artista sia riuscito a dipingere soggetti amati dal pubblico, conservando gelosamente per se’ e per gli amici il proprio mondo. E, aggiungerei, anche il suo senso dell’umorismo. Che a guardare i corpi statuari e i visi cerei dagli occhi fissi nel vuoto dei suoi soggetti, l’aggettivo “spassoso” non è certo uno immediatamente associabile con Burne-Jones …
Nato a Birmingham nel 1833, Burne-Jones odia praticamente fin dalla nascita la periferia industriale in cui cresce, il che lo spinge in modo quasi automatico verso la cerchia dei preraffaelliti con le loro idealizzate idee del passato medioevale. Ad Oxford, dove studia teologia (cos’altro verrebbe dia chiedersi…) incontra Morris; i due diventano amici. Nella città universitaria i due vengono a contatto con il pensiero di John Ruskin che, supponente e puritano qual’era, era tuttavia il più grande esponente della critica d’arte dell’epoca e, tramite Ruskin, con l’opera del suo protetto, Dante Gabiel Rossetti che, sebbene invecchiato non aveva perso nulla del suo fascino. Sedotti dal carisma del fondatore dei Preraffaelliti, Morris e Burne-Jones decidono di dedicarsi all’arte entrando a far parte della confraternita dei Preraffaelliti.
E mentre oltremanica Monet e i suoi campari impressionisti stavano proiettano l’arte nel futuro, Burne-Jones si impegna a tenerla fermamente nel passato. Che al contrario degli altri Preraffaelliti Holman Hunt, Millais e dello stesso Rossetti, che periodicamente si permettono una sbirciatina nella società vittoriana in cui si trovano a vivere, Burne-Jones per tutta la sua carriera non permise mai neanche ad un lampione di fare capolino nel rarefatto classicismo delle sue tele. Anche se devo dire che nonostante il classicismo michelangiolesco delle sue figure togate, la loro linea sinuosa e il decorativismo di certe sue opere (come i pannelli della serie di Perseo) lo tradisce per quello che è: un abitante della fine del secolo, soggetto come tale alle influenze dell’Art Nouveau e della Secessione Viennese.
Che se i preraffaelliti erano nati dal comeune amore per il Medioevo, per l’arte prima di Raffaello, Burne-Jones eleva questo amore all’enesima potenza prendendo in prestito da varie epoche ciò che gli occorreva, lasciando altri aspetti che non trovava interessanti – una atteggiamento tipicamente vittoriano. Il suo è un mondo popolato da figure michelangiolesche, avvolte da toghe classiche, su cui troneggiano volti impassibili (che il nostro eroe non era famoso, diciamocelo, per la sua espressività, ne voleva esserlo…) che si muovono tra prati fioriti più simili a quelli degli arazzi fiamminghi che a veri prati. Che infondo Burne-Jones era prima di tutto un decoratore, un artigiano prima ancora che pittore, avendo iniziato la sua carriera artiostica creando vetrate, arazzi, libri, mobili e piastrelle per la premiata ditta Morris & C. Per lui non esisteva differenza tra pittura e arti decorative, tra le arti maggiori e le cosidette arti minori adattando le sue idee ai materiali diversi con cui lavora. E per gran parte della sua vita proprio le entrate provenienti dalla Morris & C gli forniranno il denaro necessario per dedicarsi alla pittura.
Neanche a dirlo, i vittoriani amavano il suo melodramma, ragion per cui che tante delle sue opere si trovano sparsi in moltissimi musei britannici, da un capo all’altro dell’isola, comprati da banchieri, filantropi, ma anche dalle giunte comunali e da chiunque se ne potesse permettere una. La moglie Georgiana, oltre a sopportare i suoi numerosi tradimenti e ripetute infatuazioni che Burne-Jones sembrava innamorarsi in continuazione di donne che non erano sua moglie, ha posato per lui in molte occasioni. Mai tuttavia quanto langlo-greca Maria Zambaco, con cui il pittore ebbe un’intensa relazione tra il 1866 e il 1869 e per cui tentò persino di lasciare la moglie, ma lo scandalo che ne seguì lo fece desistere (anche se il viso di Maria continuò ad apparire nei dipinti di Burne-Jones nei panni di una maga o una tentatrice). E visto che, a guardarci bene, la fisionomia di Georgiana e quella delle altre modelle, sembra quasi indistinguibile, mi viene da pensare che per l’artista anche nella vita le sue donne fossero un po’ interscambiabili.
Ancora più straordinaria, la serie The Legend of Briar Rose, creati dall’artista tra il 1874 e il 1890, illustrano una storia dei fratelli Grimm, in cui l’eroe scopre un regno i cui abitanti sono tutti immersi in un sonno incantato – una perfetta metafora per l’arte di Burne-Jones. Circondato da dipinti di sognatori sdraiati tra le braccia di Morfeo, lasciando che il tuo sguardo si sovrapponga ai modelli intrecciati di figure addormentate e fogliame avvolgente, potresti sentirti in uno stato di quasi sonnambulismo. Non sorprende che Burne-Jones abbia subito un’enorme ondata di popolarità nell’era della psicadelia: questa mostra è un viaggio – in tutti i sensi… Ma devo dire che se trascorrerci un paio d’ore è stato esteticamente molto gratificante, non vorrei viverci nel mondo di Burne-Jones. Preferisco Chalie Brown. #EdwardBurneJones #Victorians #PreRaphaelites
Londra// fino al 24 Febbraio 2019
Edward Burne-Jones, Pre-raphaelite visionary @ Tate Britain
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